Il nuovo anno inizia con una riflessione profonda sulla bellezza e sulla creatività. Ma soprattutto, mettendo in dubbio tutti i pregiudizi.

Il dubbio insinuato
A voi non capita mai di chiedervi che cosa state facendo? E dove siete in ciò che fate?
Ogni tanto, rileggo quello che scrivo e mi affiora spontanea una domanda: davvero credi in quello che dici?
Mi trovo spesso a parlare del rapporto tra il design, il prodotto e il processo creativo che lo concerne e a volte ho l’impressione di farla troppo semplice. Come se creare fosse un atto che deriva dall’equilibrio interiore.
Ma nella mia esperienza, il processo creativo non parte mai da una situazione di stabilità e di equilibrio. È in primo luogo mancanza.
La mancanza nella creatività
Questa mancanza però non è qualcosa che pertiene il prodotto, il progetto o il mercato.
È qualcosa che manca dentro di noi, come una voragine che si apre sotto i nostri piedi e ci mostra che ciò a cui ci aggrappiamo quotidianamente è un’illusione.
È, per dirla altrimenti, il tormento che permane nello spirito di chi ogni giorno fa qualcosa che gli fa schifo e cerca di creare un modo nuovo per far sì che quel qualcosa gli somigli un po’ di più, che sia più bello ai suoi occhi, come fa Mr Bean nella stanza d’hotel.
La bellezza nel contesto
Voglio sottolineare questo punto, perché lo trovo cruciale: la bellezza che ammiriamo in ogni oggetto, persona, opera d’arte e perfino di ciò che progettiamo durante il nostro lavoro è frutto di costruzioni personali che partono dalla creazione di un significato tutto nostro. Il processo creativo ha bisogno di queste architetture di senso profonde per dare risposta a una realtà instabile che ci coinvolge tutti, a più riprese.
Ciò che creiamo è la nostra lente su una realtà che non è univoca, ma è fatta dalle nostre percezioni. Nessuno di noi conosce il mondo, se non attraverso il proprio modo di sentire e di intuire le cose che ci stanno intorno.
Per questo non mi stancherò mai di ripetere che il contesto è tutto, che è lavorando su di esso che si prepara il posto alla vera bellezza. E anch’essa non è nient’altro che una percezione razionalizzata.